giovedì 27 agosto 2009

Una metropoli costruita su un'autostrada

Duecento km di lunghezza, come da Roma a Napoli: LA è pensata per le 4 ruote, non per le persone

Cristina Petrucci
E' il 1966 quando il giornalista e filmaker Antonello Branca decide di ritornare negli Stati Uniti. Nato nel 1935 a Roma, ma sardo d'origine, è fotografo in Kenia a soli 24 anni. Prima di partire erano diversi anni che collaborava con Tv7 , il programma d'informazione della seconda rete nazionale. E' il primo regista nel 1963 a documentare il disastro del Vajont e a denunciarne le responsabilità umane. Proprio per questo viene messo all'indice e allontanato dal programma per un lungo periodo. E' poco dopo che Antonello decide di allontanarsi dal Vecchio Mondo per filmare e raccontare le profonde trasformazioni che invece sta vivendo il Nuovo. Siamo appunto alla metà degli anni '60. Gli Stati Uniti sotto la presidenza di Johnson sono impelagati nella guerra in Indocina con 385.000 uomini. Alla presidenza della Nazioni Unite c'è Amintore Fanfani. E' da poco stato ucciso John Fitzgerald Kennedy di cui Branca ci lascia un'affascinante intervista realizzate nel 1963.
E' proprio nell'aprile di quell'anno che il presidente Kennedy chiede al Congresso di emanare leggi che garantiscano ai cittadini neri uguale accesso ai servizi e alle strutture pubbliche e private e che non sia permessa la discriminazione nelle assunzioni da parte di imprese e istituzioni federale. E' la strada per l'attuazione del Civil Rights Act che diventerà legge l'anno seguente. Ma è la California ad affascinare Antonello Branca, dove si recherà in quegli anni dopo aver realizzato What's happening sulla beat generation newyorkese.
E' il 1968 quando arriva nella "Terra d'oro" degli Stati Uniti d'America, in particolare nella sua capitale Los Angeles. I Lakers sono stati appena sconfitti dai Boston Celtics nell'NBA Playoffs. Quella che Antonello trova è una città che sta ancora cercando di dimenticare i fatti di Watts, una sommossa a sfondo razziale di imponente portata durata per 6 giorni nell'agosto del 1965. Alla fine delle giornate di rivolta si conteranno 34 morti, 1.032 feriti e 3.952 arresti. Ma la Città della Chiesa della Nostra Signora degli Angeli della Porziuncola di Assisi, comunemente abbreviato in LA, è in crescita ed espansione. E' in particolare una città in automobile. Così Branca chiamerà il primo di tre documentari sulla California che verranno anche trasmessi in Italia, sulla rete nazionale, l'anno dopo.
Prodotto dalla Filmakers Research Group il documentario è realizzato in collaborazione con Andrea Barbato (indimenticabile la sua Cartolina ) e racconta le aporie di una città che ha sviluppato l'organizzazione degli spazi sull'uso dell'automobile. Immagini straordinarie documentano le contraddizioni di una scelta che, nel rispondere ai bisogni di libertà individuale, apre la strada ad un assedio degli spazi, occupati da svincoli, sopraelevate, cimiteri di auto, in un crescendo claustrofobico, quasi profetico rispetto ai problemi che affliggono le città del XXI secolo.
Duecento chilometri di lunghezza (come da Roma a Napoli), costruita ad uso di un'automobile sempre più grande e sempre più dotata di comodità: dalla televisione al giradischi, al dittafono, al mobile bar, a tutti quegli arrangiamenti che il capriccio o la necessità esigono. Certo gli abitanti della città ci passano la maggior parte del tempo, per portarsi da casa al lavoro e viceversa, tuttavia nonostante le strade larghissime e corsie numerose anche a LA ci sono le stesse "code" che da noi e si procede per ore a passo d'uomo.
Così mentre a Roma si discute di rendere Piazza Navona pedonale, in un editoriale del 1967 intitolato "Esseri a quattro ruote", un perplesso Paolo Spriano commenta l'andata in onda sulla seconda rete tv del documentario di Branca: «Ci si informava che in questa città quasi il novanta per cento degli abitanti ha la sua macchina, che chi va a piedi è tanto sospetto - oltre ad essere un eroe - che lo possono arrestare da un momento all'altro. E poi, dove può andare a piedi? Los Angeles si è sviluppata come città per gli esseri a quattro ruote, lungo autostrade che, complessivamente, coprono mille chilometri, è una città che non ha più un centro ma solo un'immensa, solitaria e formicolante, periferia di casette a uno o due piani, col giardino intorno. Più niente vita associativa. Gli uomini sono diventati davvero altrettanti nomadi, senza comunicare tra di loro, senza divertirsi insieme, chiudendosi nell'ambito della propria famiglia, o meglio davanti al televisore la sera». Facilmente potremmo adattare commenti del genere ai giorni d'oggi. Già allora infatti ci si preoccupava delle speculazioni che attanagliavo le città americane e che con paura stavano interessando anche quelle italiane.
«I documentari sugli Stati Uniti - quando sono appena onesti - possono essere un'ottima scuola sia per coloro che già oggi pensano che è necessario battersi con tutte le forze per abbattere il capitalismo, se si vuole salvare l'uomo, sia per coloro che di questo non sono ancora convinti. In questo senso, la prima puntata del documentario di Antonello Branca sulla California, trasmessa ieri sera, era molto istruttiva. La California viene chiamata, negli Stati Uniti, "lo Stato d'oro" e anche attraverso quel che Branca ci ha riferito abbiamo potuto constatare come davvero la società californiana sia basata sul denaro e sul profitto. I suoi mali - clamorosi - vengono da questo e ogni soluzione dei suoi problemi da questo viene impedita». (Lo Stato d'oro).
Siamo sempre nel 1967 quando in "La gasopoli della solitudine" si legge: «I topi giovani possono riprendersi, gli altri non sopravvivono. Questo il risultato di esperimenti effettuati in California per misurare i danni che può produrre lo smog. I topi bianchi possono essere le ignare cavie usate dagli scienziati, ma possono essere anche i cittadini di Los Angeles, la città dove il fumo e la nebbia prodotti dallo scappamento delle automobili hanno ucciso nel solo 1955 mille persone senza contare gli invalidi permanenti. Possiamo essere noi, in un futuro non tanto lontano. Una città nata dall'automobile e per l'automobile, dove la dimensione umana assume caratteristiche fantascientifiche e allucinanti, tanto più se si pensa che Los Angeles prefigura tutta la nazione di domani». Per il giornalista, le gasopoli sono le zone residenziali tanto care ad Hollywood che stavano creando già allora spaventose stratificazioni sociali con conseguente isolamento delle persone.
Antonello Branca può perciò considerarsi come il primo mediattivista della storia italiana, per la sua capacità di entrare nel cuore dei personaggi ed essere nel centro del problema, ma anche per l'immediatezza delle immagini, molto movimentate ma sempre a fuoco. Quel che ci vuole trasmettere è chiaro anche in Los Angeles: una città in automobile in cui il regista affida a Raffael De Luca il suono e a Rossana Coppola lo splendido montaggio. Il racconto è tutto quello che vorremmo l'Italia non fosse diventata, ma da cui invece non è scampata. Un regista precursore dei tempi che negli anni 60 ha saputo raccontare gli Usa come mai più nessuno. Ringraziamo l'associazione a lui dedicata per averne raccolto e conservato le preziose pellicole e per il lavoro che fa per restaurarle e renderle visibili.

Liberazione 09/08/2009, pag 20

Bollywood

National Film Award for Best Feature Film in Hindi

http://en.wikipedia.org/wiki/National_Film_Award_for_Best_Feature_Film_in_Hindi

Year ↓ Film ↓ Director ↓
2007 Khosla Ka Ghosla Dibakar Banerjee
2006 Black Sanjay Leela Bhansali
2005 Raincoat Rituparno Ghosh
2004 Raghu Romeo Rajat Kapoor
2003 The Legend of Bhagat Singh Rajkumar Santoshi
2002 Dil Chahta Hai Farhan Akhtar
2001 Zubeidaa Shyam Benegal
2000 Shool E. Niwas
1999 Godmother Vinay Shukla
1998 Hazaar Chaurasi Ki Maa Govind Nihalani
1997 Gudia[1] Goutam Ghose
1996 Bandit Queen Shekhar Kapur
1995 Mammo Shyam Benegal
1993 Suraj Ka Satvan Ghoda Shyam Benegal
1992 Diksha Arun Kaul
1991 Dharavi Sudhir Mishra [2]
1990 Drishti Govind Nihalani
1989 Salaam Bombay! Mira Nair [3]
1982 Arohan Shyam Benegal
1980 Aakrosh Govind Nihalani
1979 Junoon Shyam Benegal
1977 Manthan Shyam Benegal
1976 Nishant Shyam Benegal
1962 Dharmputra[4] Yash Chopra

domenica 23 agosto 2009

Siti Rifondazione

http://www.sinistracomunista.it/

http://www.unmondonuovo.it/news/index.php

http://www.comunistinmovimento.it/

Libri consigliati

1 Vita e morte di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti
2 Delta in rivolta
3 Domenico Losurdo: STALIN. STORIA E CRITICA DI UNA LEGGENDA NERA
4 Voi li chiamate clandestini... Raccontare gli africani di Rosarno, migranti senza documenti
5 L'aborto e la responsabilità. Le donne, la legge, il contrattacco maschile
6 Nuovo compendio del Capitale
7 Cuori Rossi
8 Largo all'eros alato
9 Lenin 2.0
10 La sottile linea nera. Neofascismo e servizi segreti tra Piazza Fontana e piazza della Loggia
11 Ambiente e pace: una sola rivoluzione
12 La paga dei padroni
13 Il sangue e la celtica
14 Il vento contro
15 L'Entità. La clamorosa scoperta del servizio segreto Vaticano: intrighi, omicidi, complotti degli ultimi cinquecento anni

http://www.comunistinmovimento.it/index.php?option=com_content&view=category&id=8&ItemId=8

Film consigliati

1 Thailande
2 Una montagna di balle, storia di una rivolta
3 Lotta di classe secondo Godard
4 Vincere, un film su una donna meravigliosamente sovversiva
5 RachelGiustifica6 CERTAIN REGARD «Morire come un uomo»
7 Raya Martin, omaggio agli indios anti-spagnoli
8 Perù, venti anni di violenze e massacri
9 «La mia giovane andina, figlia della paura in cammino verso la sua liberazione»
10 focaccia blues
11 L'allenatore, i figli, l'amante e il cuoco
12 L'amore ai tempi dell'Aids, fra potere e multinazionali
13 Archibugi senza certezze buoniste
14 La tragedia dei desaparecidos e i troppi complici del silenzio
15 “Nel nome dell’uomo”, un film di Andrea Canetta
16 Il «giornalista-giornalista» che sfidò la camorra
17 L'autoanalisi di un marxista
18 Gran Torino, imperdibile titolo di un regista-attore che non sbaglia mai
19 L'ospite inatteso
20 Proxima estaciòn
21 Rumore bianco
22 Acciai speciali
23 Acciai speciali
24 «Pesci di città», il nuovo Perù
25 Mimmo Calopresti regista e autore del documentario sulla Thyssen-Krupp
26 CINEMAPRIME • Marco Pontecorvo presenta

http://www.comunistinmovimento.it/index.php?option=com_content&view=category&id=7&ItemId=7

sabato 15 agosto 2009

Video dal cellulare al computer

http://www.octro.com/

Ricetta (immorale) per il golpe perfetto

La teoria di Moises Naìm sul “Sole24Ore” indica ingredienti e istruzioni per un moderno colpo di stato. Sembra l’Italia...

Lorenzo Coluccini

Sarà per la storia personale dell'autore; sarà perché d'estate la letteratura "nera" trova spazio sui giornali; sarà forse anche per sposare la causa del "capitalismo autoritario" (definizione del filosofo e studioso di psicoanalisi sloveno Slavoj Zizek), che Moisés Naìm, sul Sole 24 Ore del 28 luglio scorso, ha firmato un articolo dal titolo "Così ti cucino un colpo di Stato".
L'autore, esperto conoscitore di politica internazionale, in punta di penna, ha stilato un elenco degli ingredienti che occorrono per la preparazione di "un golpe ad alta digeribilità". Scopo di quella "missiva" uscita sul prestigioso quotidiano «fornire istruzioni» per «preparare colpi di stato che non dipendano, almeno nella fase iniziale, dall'uso delle forze armate». Del resto si sa, un colpo di stato manu militari, oggi giorno, risulterebbe indigesto a molti. La palese manifestazione della violazione dei principi democratici con gli assalti al palazzo, come fu per quello della "Moneda" nel '73 in Cile, non è più conveniente, prima di tutto per il Paese stesso e per la sua economia, che in questo modo verrebbe esclusa dal capitalismo globalizzato. Meglio dunque fare affidamento «più sugli avvocati che sui tenenti colonnello»; meglio puntare «sulle riforme costituzionali e sui referendum». Il fine? Il medesimo che in un golpe: «Un leader autocratico che, mantenendo le apparenze democratiche, conserva il potere a tempo indefinito e fa quello che vuole».
Il nostro rinomato "chef" non si perita quindi nel fornire un elenco degli ingredienti necessari per la preparazione di cotanto agognato colpo di stato: milioni di poveri; una robusta dose di disuguaglianza sociale; ingiustizia giuridica diffusa; partiti politici molto screditati; discriminazioni razziali; corruzione in gran quantità; una borghesia apatica e disillusa nei confronti della democrazia; parlamento, magistratura e forze armate lasciate "marinare a lungo" così da "ammorbidirle"; media e televisioni controllate dal padrone; un'opinione pubblica distratta e anestetizzata; squadracce al soldo della causa pronte a spaccare il cranio agli ultimi rimasti che non si ravvedono (il nostro le chiama "Brigate d'intervento popolari", poche ma "buone"); infine, e non meno importante, come in ogni regime autoritario che si rispetti, ci vuole un nemico esterno, una concreta minaccia che rischia di distruggere la nazione, la sua coesione. Naìm suggerisce la Cia, o un Paese vicino, ma si può andare anche sul classico gli ebrei, oppure gli immigrati - basta che ci sia un'entità esterna ritenuta pericolosa così da cementificare l'opinione pubblica, anestetizzata ma impaurita, risoluta quindi nel cedere pieni poteri al leader autocratico che difenderà la Nazione senza mai indietreggiare.
Che gran piatto succulento, che acquolina… Ma chi è questo cuoco così padrone delle dinamiche culinarie, sociali e politiche internazionali da dispensare, con animo generoso, una ricetta così allettante? Moisés Naìm è un ex ministro del governo venezuelano del socialdemocratico Carlos Andres Perez, un presidente così avvertito che non si risparmiò nell'applicare alla virgola i diktat draconiani del Fondo Monetario Internazionale, in modo così ossequioso che Caracas nel 1989 fu teatro di una rivolta per mano dei ceti popolari esasperati. Naìm, nonostante questo, rimane uno chef ineguagliato, tanto che fu premiato per la sua lungimiranza in campo neoliberista con la chiamata nell'entourage di Bush figlio. Il nostro cultore del fondamentalismo economico più spinto ha fatto anche parte del vertice della Banca Mondiale. Oggi dirige la rivista Foreign Policy, sovvenzionata da Carnegie Endowment for International Peace. Tra i finanziatori di questo organismo troviamo Bp Usa, Exxon Mobil, la Fundación Ford, General Motors. Naìm, però, fa parte anche del National Endwment for Democracy, altro organismo internazionale che riceve cospicui finanziamenti da parte del Congresso degli Stati Uniti, indicato da tutti come il braccio esecutivo nella destabilizzazione e nelle manipolazioni elettorali in tutti quei Paesi la cui politica è sgradita agli Usa.
Le ricette del cuoco modello sono state così applicate, con successo, in Serbia, Georgia, Bolivia, Ucraina, Venezuela, Kenia, Nicaragua ecc., tutte nazioni che sono state sconvolte da guerre civili, rivolte armate, crolli economici, dittature palesi o vestite con abiti democratici. Una volta, infatti, che si hanno tutti gli ingredienti, lontano dalle desuete dinamiche militaresche, il golpe moderno è di facile e veloce preparazione: creare conflitto sociale a tavolino in modo aggressivo; aizzare scontri ideologici e fisici tra le diverse classi; arrivare al potere tramite elezioni "democratiche" (queste non vanno mai eliminate). Poi, con ogni mezzo, vincere sempre alle successive («Mai lasciare il potere - dice l'autore - Le elezioni non servono mica a questo»); sostituire magistrati, parlamentari e generali poco fedeli e poco inclini a sposare il progetto del presidente. Fatto questo, quindi, non resta che passare alle modifiche costituzionali, così da introdurre nuove norme poco comprensibili che consentano, però, al presidente di concentrare nelle proprie mani tutto il potere e che garantiscano a tempo indeterminato la sua rielezione; screditare e rendere ininfluente l'opposizione; infine lasciare che qualche organo di stampa, piccolo però e con pochi lettori o ascoltatori, critichi l'operato del governo, per dar prova che la libertà di stampa non è minacciata. Et voilà signori, il golpe ad alta digeribilità è servito.
Che invidia però per quei Paesi che già si gustano queste prelibatezze! A loro questa pietanza così succulenta e a noi italiani mai niente di buono… Eppure la nostra cucina è apprezzata in tutto il mondo: siamo sicuri che anche nel nostro Bel Paese non si possa fare altrettanto? L'unica cosa da fare è vedere se disponiamo già di tutti gli ingredienti necessari. Vediamo…: «Milioni di poveri››, secondo i dati oggi ce ne sono 8, non sembrano pochi; una «robusta dose di disuguaglianza sociale e giuridica», sì, questa ce l'abbiamo; «corruzione in gran quantità», la esportiamo; «elite politiche ed economiche compiacenti ed una borghesia apatica», direi che sono sotto gli occhi di tutti; «parlamento, magistratura e forze armate da far marinare a lungo», se riuscissimo a sradicare qualche ultimo arcigno nostalgico delle minestre democratiche così insipide, forse potremmo farcela definitivamente; «un nemico esterno», beh questo sì (ah - gli immigrati - la minaccia estrema!); le «brigate d'intervento "popolari" ben addestrare per spaccare la testa» ce l'abbiamo, vedi il ddl sulla sicurezza con le ronde; l'opinione pubblica è già anestetizzata e i media controllati. Beh, sì, gli ingredienti, in Italia, possiamo dire di averli tutti…
Per quanto riguarda la preparazione siamo già avanti: il conflitto sociale cresce e il manganello arriva; le elezioni "democratiche" ci sono ancora ma vince sempre il medesimo politico; i partiti politici si screditano anche da soli, proponendo deboli alchimie combinatorie; alcuni vertici della magistratura a volte vanno a cena con il presidente del Consiglio, quelli delle forze armate, talvolta, più hanno fedine penali dubbie più ricevono riconoscimenti; qualche piccolo giornale e qualche ininfluente emittente radiotelevisiva che si scaglia contro il potere conserva ancora il suo posto; per quanto riguarda infine la Costituzione, in attesa di riformarla ancora di più, non la si osserva minimamente.
Evviva, forse anche l'Italia allora potrà entrare nel novero delle nazioni fortunate! Il tempo necessario per la cottura - manca solo quello - e poi… buon appetito a tutti!

Liberazione 07/08/2009, pagina 16

Servizi per cellulari

http://www.fring.com

venerdì 14 agosto 2009

Free sms to Philippines

http://www.chikka.com/

giovedì 13 agosto 2009

Expat filing could force clearance from sponsor

Arab Times - 13 August, 2009

Expatriate employees should get their passports from their sponsors as the latter have no right to keep such documents, Minister of Social Affairs and Labor Dr Mohammad Al-Afasi said Wednesday after his meeting with the Health, Social Affairs and Labor Committee in the Parliament. Clarifying that expatriate workers have to fulfill certain requirements before leaving their current sponsors, Al-Afasi stressed the need for expatriate employees to obtain a clearance certificate from their current sponsors before joining another company. “Sponsors should refrain from using this condition to put pressure on their employees as they will be forced to issue the clearance certificates in case the workers file a complaint at the ministry. Expatriate workers, on the other hand, should not leave their current sponsors without informing them about their plan to transfer their residence to another sponsor,” he explained.


Revealing the committee continued Wednesday discussions on the proposed amendments to the new private sector labor law, Al-Afasi pointed out the government and Parliament unanimously approved the law during the first reading, but its enactment was delayed due to the dissolution of the Parliament. “Institutions like Kuwait Workers Union, Kuwait Chamber of Commerce and Industry (KCCI), and Banks Union have a number of reservations on the law. All parties involved and meet international expectations as the whole nation has been waiting for its ratification for quite a long time,” he opined.
Indicating the Aug 19 session might not be enough to discuss the 147-article law as well as the proposed amendments, Al-Afasi argued “the government has nothing against the law, considering it is one of the proponents. Our main concern is that MPs might be compelled to rush its ratification. If the committee can finalize the law, analyze the proposed amendments and submit a detailed report prior to the session, then we have nothing to worry about.” He also affirmed the committee’s dedication to complete its deliberations, which will be attended by representatives from the government and other concerned bodies, before the session.

On the other hand, Committee Chairman Saad Al-Khanfour disclosed the committee listened to Al-Afasi’s point of view on the need to give his ministry more time to study the comments and amendments presented by MPs and other concerned authorities before enacting the law. He said the committee has agreed to hold a series of meetings next week – from Sunday until Tuesday – to deliberate on the proposed amendments and finalize its report, which will be presented to the Parliament during the emergency session Wednesday.

Meanwhile, committee member MP Dr Waleed Al-Tabtabaei looks forward to the completion of the report before the emergency session. He clarified the government and Parliament had earlier reached an agreement on the law, but other relevant authorities, such as the KCCI and Kuwait Workers Union, have presented viable amendments that require further discussions to come up with a satisfactory and comprehensive law.

Al-Tabtabaei revealed the proposed amendments are related to salaries of workers and employment of women. He also quoted Al-Afasi as saying that Deputy Parliament Speaker Abdullah Al-Roumi’s proposal to establish a recruitment authority for private sector and domestic workers is a step towards the cancellation of the sponsorship system.

Another committee member, MP Dr Salwa Al-Jassar, has appealed to the government and Parliament not to politicize the laid-off Kuwaitis issue. She underscored the need to solve the problem immediately through the issuance of a temporary decision to guarantee a comfortable life for Kuwaitis who were laid off from work or forced to resign.

Wondering why the issue is being discussed now while the global economic crisis started 10 months ago, Al-Jassar asked why the Financial and Economic Affairs Committee in the previous Parliament tackled the economic stimulus bill without taking into consideration the plight of laid-off Kuwaitis. She said this bill is aimed at helping investment and financial companies overcome losses incurred due to the crisis, even if some of these companies had dismissed Kuwaiti employees as part of their cost-cutting measures.

Al-Jassar asked the government to help laid-off Kuwaitis overcome their financial burdens through the following measures:

* The Government Manpower Restructuring Program (GMRP) should study the situation of the laid-off employees and those who were forced to resign through the establishment of a competent committee, which will be tasked to look into their problems.

* Provide them with jobs immediately through the Civil Service Commission (CSC) and GMRP, in accordance with their qualifications and experiences.

* Impose penalties on private companies that retrenched Kuwaiti employees without any valid reason.
* Use the financial and economic expertise of those who retired from the private sector through consultations with the Central Bank of Kuwait (CBK).

* Work towards enacting the new private sector labor law by revising the articles that provide financial guarantees and prevent the recurrence of the problems of Kuwaitis laid off from work or forced to resign.
* GMRP should present a weekly report to the Health , Social Affairs and Labor committee on the latest developments on issues concerning the laid-off workers and those who were forced to resign
* Identify names of the companies that terminated the services of Kuwaiti employees to specify the number of non-Kuwaiti employees who were laid off from work or are still working.

* Check whether the companies that retrenched Kuwaitis have incurred losses due to the global economic crisis or they are still making profits.

* Determine the number of non-Kuwaitis working in the private sector, as well as their qualifications and experiences to activate a decision on the replacement of expatriate workers with Kuwaitis.
* Ministries of Social Affairs, Labor, Commerce and Industry should study the current situation of private companies that dismissed Kuwaiti employees to determine their financial, administrative and technical status.

* GMRP should publish announcements in local news encouraging Kuwaitis who were dismissed from work or forced to resign to submit the required documents to give them jobs suitable to their professional and technical expertise.

http://www.gulfinthemedia.com/index.php?m=politics&id=483783&lim=&lang=en&tblpost=2009_08

domenica 2 agosto 2009

ICoN

ICoN - Italian Culture on the Net - è un Consorzio di Università italiane che ha lo scopo di promuovere e diffondere, per via telematica, la lingua, la cultura e l'immagine dell'Italia nel mondo.

http://www.italicon.it/

"Piombo fuso", Israele ammette: «Usati proiettili con fosforo bianco»

Il governo risponde con un rapporto alle accuse dell'Onu sui crimini di guerra commessi durante l'operazione nella Striscia

Stefania Podda
L'offensiva a Gaza è stata «necessaria e proporzionata». E quanto all'accusa di aver utilizzato il fosforo bianco, è esatta ma Israele non ha violato nessuna norma del diritto internazionale.
Per la prima volta, nel rispondere al rapporto Onu sull'operazione "Piombo fuso" e alla viglia dell'apertura di un'inchiesta internazionale sulle modalità di quella campagna militare, il governo israeliano ammette di aver fatto ricorso a munizioni contenenti il fosforo bianco, ma di essere rimasto nei limiti delle normative internazionali.
La linea difensiva su cui si è attestato l'esecutivo Netanyahu è contenuta in un rapporto governativo che nega qualsiasi crimine di guerra e ribadisce che all'origine dell'offensiva decisa sul finire del dicembre del 2008 c'era la necessità di fermare il lancio di qassam dalla Striscia sul suo territorio. In centosessanta pagine, il governo israeliano cerca di provare che l'uso della forza fu calibrato, mai eccessivo. Accusa peraltro, quella su un uso sproporzionato della forza militare, che non viene solo dall'Onu ma anche dalle testimonianze di decine di soldati che attraverso l'organizzazione Breaking the silence hanno denunciato gli abusi commessi in quei giorni dall'esercito. «Israele - si legge nel rapporto - aveva il diritto e l'obbligo di prendere delle misure militari contro Hamas a Gaza per far cessare il lancio pressoché continuo di missili. In virtù delle norme internazionali, Israele - prosegue il documento - aveva assolutamente il diritto di usare la forza militare per difendere i civili. E la sua risposta è stata necessaria e proporzionata».
Eppure, tra le righe, il governo ammette di essere di essere andato oltre nella gestione delle operazioni militari, sottolineando di avere ordinato inchieste per un centinaio di casi e disposto l'apertura di procedimenti penali per quindici di questi.
Quanto all'uso del fosforo bianco, l'ammissione indiretta - dopo mesi di accuse corredate da foto e relative categoriche smentite - si trova in una frase in cui si spiega che l'esercito ha in alcune circostanze fatto ricorso a proiettili contenenti la sostanza incriminata ma ha negato che possano esserci palestinesi morti a causa dell'esposizione al fosforo bianco.
Infine, le perdite civili. Il bilancio fatto dai palestinesi parla di 1.400 morti, la gran parte civili. Nel rapporto Onu, così come nelle testimonianze dei soldati che hanno deciso di raccontare che cosa hanno visto e fatto a Gaza, si parla di civili usati come scudi umani nelle operazioni, circostanza peraltro contestata anche ad Hamas. Israele si difende rigettando sul movimento islamico l'accusa di aver messo a rischio la vita dei civili attaccando le aree residenziali, mentre l'Idf avrebbe distrutto case ed edifici «solo quando finalizzato a scopi militari», ammettendo peraltro così un buon margine di discrezionalità nella scelta degli obiettivi della campagna. Infine, il governo israeliano spiega di aver cercato di limitare al massimo le perdite civili avvertendo la popolazione della Striscia di Gaza degli imminenti attacchi, con un totale di due milioni e mezzo di volantini distribuiti e 165mila telefonate fatte agli abitanti di Gaza. Precauzione poco efficace se si pensa alle possibilità quasi nulle di potersi mettere in salvo in un luogo in cui possibili obiettivi militari e abitazioni civili sono gli uni di fianco alle altre.
Lapidaria la risposta di Hamas: «Questo rapporto è ridicolo, stupido e non merita nessuna risposta», ha detto Mushar al-Masri. Il rapporto Onu, che verrà presentato a settembre al Consiglio di sicurezza, è molto critico anche nei confronti del movimento islamico che non avrebbe protetto i palestinesi coinvolgendoli nelle operazioni di guerra e facendosi scudo di loro. Hamas ha respinto le accuse, senza però disporre inchieste o produrre documenti.

Liberazione 01/08/2009, pagina 8

Top 250 movies IMDB

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