giovedì 13 maggio 2010

Ecco come le Mafie Spa finanziano le imprese in tempo di crisi globale

Consegnata al ministro e al Parlamento la relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia

Gemma Contin
Non solo pizzo. Non solo narcotraffico. Non solo scommesse clandestine. Il giro del business delle Mafie Spa è molto ma molto di più. Ed è molto ma molto vicino all'economia legale, ai professionisti perbene, alla gente comune.
Intanto, secondo recenti affermazioni del vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia Fabio Granata, le mafie muovono ogni anno una massa finanziaria di 120 miliardi di euro. Pari al 10% del prodotto interno lordo italiano, cioè la decima parte dell'intera ricchezza prodotta da tutte le attività industriali, commerciali, finanziarie, amministrative e dei servizi pubblici, privati, tradizionali e avanzati dell'intero Paese. Insomma, i capitali mafiosi finiscono per introdursi e forzare vaste aree geografiche e diversi settori produttivi dentro cui vanno ad annidarsi e da cui è poi difficilissimo, spesso impossibile, rintracciarli e snidarli.
Ne ha scritto in modo ampio, carico di dati, la Direzione investigativa antimafia (Dia) nella relazione che invia ogni sei mesi al Parlamento. In quest'ultima (gennaio-giugno 2009) la questione della circuitazione delle attività e dei capitali mafiosi nell'economia legale in tutte le diverse forme e poli di attrazione, ci pare che abbia assunto un peso preponderante rispetto alle attività mafiose "tradizionali" quali il narcotraffico, le estorsioni, le intimidazioni, i danneggiamenti, eccetera.
Naturalmente niente di tutto ciò è dimenticato, ma alcuni dati in diminuzione sui delitti più cruenti tendono a dire che le mafie oggi cercano di fare lucrosi affari nel silenzio delle armi piuttosto che con il controllo del territorio manu militari . Con non poche eccezioni, che riguardano più le cosche di camorra e le 'ndrine calabresi che i clan di Cosa Nostra, alquanto sfiancati dall'enorme mole di arresti di latitanti e sequestri e confische di patrimoni, oltre che dalla decimazione dei capi, quasi tutti in carcere condannati a pesanti pene detentive e sottoposti al regime del 41-bis. Quasi tutti. Tranne Matteo Messina Denaro, che latita indisturbato, o gli "emergenti": quelli nuovi, sconosciuti, e quelli di ritorno come i rampolli degli Inzerillo e dei Badalamenti.
Su quali attività "lecite" le mafie allungano le mani? E dove? Per la mafia siciliana: ciclo del calcestruzzo (impoverito), appalti finanziati con fondi europei, centri commerciali, energie alternative (eolico). Per la 'ndrangheta: sanità (cliniche convenzionate, forniture ospedaliere, cooperative di servizi), trasporti, opere viarie, imprese edili, ristorazione. Per la camorra: ciclo dei rifiuti, produzione e commercializzazione di marchi contraffatti, manutenzioni stradali, Tav, complessi turistici, onoranze funebri. E dal punto di vista territoriale: ristoranti e turimo in Emilia Romagna; mercati generali e Tav nel Lazio; Expo 2015 e Grandi Opere in Lombardia.
Ma siccome purtroppo non ci si ferma qui, è bene andare con ordine, seguendo il ragionamento degli investigatori al servizio del generale Antonio Girone, che scrivono, nella premessa della Relazione che il ministro dell'Interno Maroni dovrà illustrare al Parlamento: «Gli effetti generali della congiuntura negativa globale, che affligge in questo momento storico tutte le economie più avanzate, non mancano di generare la ricaduta di una forte contrazione dell'erogazione del credito nei confronti di diverse categorie imprenditoriali, già colpite da diversi fattori recessivi dei mercati. Tale circostanza, come sottolineato da tutti i principali osservatori istituzionali, può costituire, specie nelle regioni a più elevato rischio, un'appetibile opportunità di intervento per l'economia mafiosa, che, attraverso un sapiente e sinergico dosaggio dell'estorsione e dell'usura, trova ancora più forti premesse per le possibilità di infiltrazione nell'economia legale, a fronte della sua notevole disponibilità di capitali illeciti sommersi».
Siamo di fronte a una sorta di "svolta critica" nella percezione e nell'analisi del fenomeno mafioso e della sua pericolosità sociale economica e finanziaria. Ovviamente la relazione bisogna leggerla per intero - anche se pesa ben 360 pagine fitte di grafici e indicatori, scaricabili e consultabili sul sito della Dia www.interno.it/dip_ps/dia cliccando su relazioni semestrali - perché fa riferimento alle più importanti operazioni condotte a termine, nel semestre in esame, sia in materia di arresti effettuati, sia in tema di confische patrimoniali, ma anche nella descrizione delle organizzazioni, dei clan e dei loro insediamenti regione per regione, città per città, con tanto di nomi e cognomi e affiliazioni.
Qui vale la pena evidenziare alcuni passaggi "rivelatori". Come quando si legge, a proposito della mafia siciliana, «dell'interesse dimostrato dalla compagine mafiosa per i circuiti della distribuzione commerciale, che rappresentano non solo un importante strumento di riciclaggio e di reimpiego del denaro, ma anche un ambito all'interno del quale, per l'indotto lavorativo connesso, Cosa Nostra riesce ad esprimere una significativa influenza e penetrazione locale, che consolida il potere illegale sul territorio».
Quello che più colpisce, oltre all'entità stratosferica dei patrimoni sottoposti a sequestro - 400 milioni di euro a un imprenditore agrigentino nella sola Operazione Scacco Matto - è la descrizione del "panorama", degli "orizzonti", degli "strumenti" e dei "professionisti" di cui le mafie si avvalgono. A proposito dell'Operazione Moro, la Dia scrive di «un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di un avvocato tributarista, ritenuto responsabile di aver concretizzato un canale per il traferimento fraudolento di valori e l'intestazione fittizia di beni, con il successivo collocamento all'estero di ingenti disponibilità finanziarie riferibili a un imprenditore mafioso... Ordinanza che aveva portato all'arresto dell'imprenditore, di suo figlio e di un banchiere elvetico (co-direttore della Amer Bank di Lugano) nonché al sequestro di un fondo presso la Amer Bank and Trust Limited di Nassau (Bahama) di 13 milioni di euro».
E siamo solo al capitolo su Cosa Nostra. Poi c'è quello sulla 'ndrangheta, sulla camorra, sui clan pugliesi, sulle mafie "allogene": russa, cinese, albanese, nigeriana, con tutte le cartine e gli assi di penetrazione in Liguria, Piemonte, Lombardia, Triveneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lazio. Quest'ultima attraversata da un fenomeno criminale tanto pervasivo da essere definito dall'Osservatorio regionale per la sicurezza «la quinta mafia».

Liberazione 05/05/2010, pag 12

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