mercoledì 26 maggio 2010

Israele offrì armi atomiche al Sudafrica

L'offerta ai tempi dell'apartheid firmata Peres e Botha

Simonetta Cossu
La questione dell'atomica era uno dei temi che Israele ha sempre preferito gestire nell'ambiguità: Tel Aviv non ha mai confermato di possederla ma non ha mai neanche smentito la sua esistenza. Ora arriva la prima prova che Israele possiede armamenti nucleari e che in pieno apartheid, nel 1975, cercò di vendere al Sudafrica le sue testate atomiche.
La rivelazione è opera del quotidiano britannico The Guardian che in un articolo pubblicato in prima pagina e definito «esclusivo», cita documenti firmati dall'attuale presidente israeliano Shimon Peres e dal ministro della Difesa sudafricano PW Botha. Secondo quanto riferisce il giornale britannico, si tratta del primo documento che attesti effettivamente il possesso di armi atomiche da parte di Israele.
Il testo a cui si riferisce The Guardian , che è stato declassificato in Sudafrica, rappresenta di fatto il resoconto di una serie di incontri tra alti responsabili dei due paesi, cominciati il 31 marzo 1975: nel loro primo colloquio, i funzionari dello stato ebraico «offrirono formalmente di vendere al Sudafrica alcuni dei missili di Gerico con capacità nucleare, facenti parte del proprio arsenale», nome in codice Chalet. Poco più di due mesi dopo, il 4 giugno, Botha e Shimon Peres si incontrarono a Zurigo. «Il ministro Botha espresse interessamento per un numero limitato di Chalet» e l'allora ministro Peres diede la sua disponibilità a trattare offrendone in «tre taglie differenti».
Il documento, che gli israeliani avrebbero voluto non fosse declassificato, è stato scoperto da uno studioso americano, Sasha Polakow-Suransky, durante una sua ricerca sulle relazioni tra Israele e Sudafrica in vista della pubblicazione del libro «L'alleanza non dichiarata: l'alleanza segreta di Israele con il Sudafrica dell'Apartheid».
Il presidente israeliano, Shimon Peres, ieri ha smentito la notizia precisando che "non ci sono mai stati negoziati" tra i due Paesi su questa materia. "Sono informazioni infondate, senza alcun collegamento con la realtà", ha detto Frisch portavoce del capo dello Stato alla radio militare nazionale.
Una smentita che però non basta e che mette in imbarazzo per diversi motivi. Il Guardian pubblica infatti la foto dell'accordo siglato in cui è riconoscibile la firma di Peres e di Botha, ma soprattutto dal presidente Pees è arrivata una smentita debole che non smentisce l'autenticità dei documenti. Imbarazzante perchè proprio in questi giorni a New York presso l'Onu si parlerà di non proliferazione nucleare in Medio Oriente.
Secondo quanto scrive sempre il Guardian il Sud Africa di Botha voleva avere testate nucleari come deterrente e potenziale minaccia contro i paesi confinanti.
La vendita non avvenne mai, perché Botha ritenne l'operazione troppo costosa e perché non vi era certezza che l'allora primo ministro, Yitzhak Rabin, avrebbe dato la sua approvazione.
Pretoria fu poi in grado di costruire le sue testate nucleari, molto probabilmente con l'assistenza israeliana. Nei memo resi pubblici dal Guardian infatti viene rivelato che Peres e Botha firmarono un accordo relativo alla collaborazione militare tra i due paesi in cui venne posta la clausola che questo accordo sarebbe dovuto restare segreto. E infatti proverebbe dal Sud Africa l'ossido di uranio che era necessario a Tel Aviv per lo sviluppo dei suoi armamenti.
E se non bastasse, i documenti confermerebbero quanto aveva dichiarato l'ex commandante della marina sudafricana Dieter Gerhardt, imprigionato nel 1983 con l'accusa di spionaggio a favore dell'Unione Sovietica. Rilasciato dopo il crollo dell'aperthaid Gerhardt parlò di un accordo tra Israele e Pretoria chiamato "Chalet" che si riferiva all'offerta da parte dello stato di Israele per armare otto missili Jericho con "testate speciali" che per Gerhardt erano nucleari, ma fino ad oggi non erano emerse prove che confermassero queste sue asserzioni.
L'esistenza del programma nucleare di Israele venne reso pubblico da Mordechai Vanunu al Sunday Times nel 1986, e che venne poi arrestato per queste rivelazioni.

Liberazione 25/05/2010, pag 8

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