domenica 23 maggio 2010

«La letteratura ci aiuta a capire l'uomo in tutta la sua complessità»

Guido Caldiron
Torino
«Dante e Cervantes ci hanno detto e spiegato della condizione umana quanto i grandi sociologi. Gli studi letterari dovrebbero trovare il posto che spetta loro al centro della riflessione dell'umanità, visto che la letteratura ha sempre offerto un contributo decisivo per lo sviluppo del pensiero, visto che è anche studio del pensiero e della Storia». La lectio magistralis di Tzvetan Todorov, dedicata a "Letteratura e etica" e in programma sabato a mezzogiorno, sarà uno dei momenti salienti della 23a edizione del Salone Internazionale del LIbro che si apre oggi a Torino, dedicato al tema della memoria.
Filosofo, storico, critico letterario, Tzvetan Todorov è una delle grandi figure della cultura europea. Nato in Bulgaria, ha studiato la filosofia del linguaggio insieme a Roland Barthes, indagato i sistemi totalitari nazista e staliniano e, infine, offerto una lettura significativa delle crisi culturali che attraversano i territori della globalizzazione planetaria. Al centro della sua opera - contrassegnata da volumi quali Di fronte all'estremo , Memoria del male, tentazione del bene , Lo spirito dell'illuminismo , La letteratura in pericolo e La paura dei barbari , tutti pubblicati nel nostro paese da Garzanti e La conquista dell'America e Noi e gli altri , entrambi Einaudi -, la storia delle idee, la memoria e il rapporto con l'altro, il modo in cui si sono storicamente e culturalmente definiti sia il "noi" che "gli altri", lungo una periodizzazione storica che va dalla scoperta del Nuovo Mondo, attraversa l'intero Novecento europeo e le sue tragedie, e approda ai quesiti posti dalla crisi dello Stato-nazione.
Proprio la sua formazione di storico delle idee e della cultura, consente a Todorov di leggere anche le vicende attuali in una prospettiva di lunga durata. «La paura dei barbari è ciò che rischia di renderci barbari. E il male che ci faremo sarà maggiore di quello che temevamo di subire. La storia insegna: il rimedio può essere peggiore del male. I totalitarismi si sono presentati come un mezzo per guarire la società borghese dai suoi vizi, eppure hanno dato vita a un mondo più pericoloso di quello che combattevano», spiega ne La paura dei barbari. Oltre lo scontro delle civiltà , in una riflessione che ripercorre la storia della cultura europea, il modo in cui si sono formate le nozioni di "barbarie" e di "civiltà", di "cultura" e di "identità", ben prima dell'11 settembre e dell'emergere di un confronto che ha dell'incredibile «tra paesi dominati dal risentimento e paesi dominati dalla paura».
Indagando il modo in cui la cultura ha accompagnato la costruzione delle identità collettive, ma anche la definizione dei rapporti di potere tra i popoli e su scala globale, Todorov ha offerto strumenti validi per leggere le forme assunte negli ultimi anni dal cosiddetto "clash of civilisation", ma anche per rivendicare la libertà e l'irriducibilità di ogni essere umano alla logica della comunità chiusa. «E' evidente come siamo tutti tributari delle nostre appartenenze collettive, soprattutto nelle società tradizionali- spiega l'intellettuale franco-bulgaro - Ma anche che l'individuo riveste un'importanza fondamentale. A Parigi, dove vivo, il fatto che sia bulgaro di nascita non è importante. Io sono essenzialmente l'individuo che ho prodotto da me stesso, con la mia identità e la mia ragione». Allo stesso modo, precisa Todorov, «le forme tradizionali d'identità, politica, religiosa, sociale, ecc., sono state rimesse in discussione, di conseguenza l'"identità culturale" ha acquistato un'enorme importanza. L'identità collettiva è indispensabile a una società, non si può annullare completamente, gli individui hanno bisogno di riconoscersi all'interno di un gruppo. E' per questo che oggi le coordinate culturali, ad esempio quelle religiose, ritrovano un senso. Ad esempio, si spiega così il successo dell'Islam in Francia: si tratta di un mezzo d'identificazione e di riconoscimento collettivo per persone che, in altre condizioni, non si avvicinerebbero necessariamente alla religione. La religione diventa il loro modo di avere un'identità, e quindi di opporsi alle altre identità. Insomma, la cultura diventa uno strumento di combattimento solo quando ci si colloca sul piano identitario. Oggi la crescita dell'intolleranza e del razzismo è un fenomeno incontestabile: di fronte alla crisi dei legami tradizionali, il rifiuto degli altri e il desiderio di non mescolarsi sono un modo per darsi sicurezza, per conservare integra una comunità in cui ci si sente protetti».
Nelle guerre culturali, però, indicano le opere di Todorov, non sempre "le vittime" hanno davvero la peggio sui "vincitori". «Il mutuo arricchimento che può nascere dall'incontro tra due culture, può avvenire anche a partire da condizioni sfavorevoli. Ad esempio, quando una popolazione ne domina un'altra militarmente o economicamente, la seconda riesce a volte a influenzare la prima cultura dall'interno, modificandola. E' accaduto in occasione della conquista dell'America da parte degli europei: col tempo, la popolazione latinoamericana d'origine europea ha assorbito le tradizioni locali, anche se quell'incontro è stato uno dei più tragici della storia, visto che ha condotto alla scomparsa fisica di nove decimi della popolazione locale».
In un simile contesto la letteratura, sembra suggerire lo studioso, può apparire come un valido strumento «per comprendere l'uomo in tutta la sua complessità»: «la letteratura ci dice qualcosa di essenziale su noi esseri umani. Non è un gioco alchemico di metafore. Perché i Greci andavano ad assistere alle tragedie? Non per deliziarsi di esercizi letterali ma per capire meglio il proprio destino sulla Terra».
Quanto al tema posto al centro delle giornate del Salone di Torino, Tzvetan Todorov ha indicato nel suo Memoria del male, tentazione del bene tutti i rischi connessi, da un lato al semplice oblio e dall'altro ad una sorta di "abuso pubblico della memoria", mettendo piuttosto l'accento sulla necessità di ricercare una via «tra sacralizzazione e banalizzazione del passato». Questo perché «il passato può tornarci utile, purché non sia celebrato in quanto tale, ma chiamato a darci degli strumenti atti a comprendere l'oggi. Il passato storico, non più dell'"ordine naturale" non ha senso in sé. La stessa vicenda può infatti essere interpretata in modi tra loro opposti e servire da giustificazione a delle politiche che si combattono reciprocamente. Il passato potrà contribuire tanto alla costruzione dell'identità individuale o collettiva, che alla formazione dei nostri valori, ideali e principi, a patto che si accetti che tutti questi elementi siano sottomessi all'esame della ragione e alla prova del confronto, piuttosto che imposti perché sono "i nostri". In questo senso, il buon uso della memoria è quello che serve una causa giusta, non quello che si accontenta di riprodurre il passato».

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Dal romanzo alla critica dei totalitarismi

Tzvetan Todorov è nato a Sofia nel 1939. Trasferitosi a Parigi nel 1961, studia filosofia del linguaggio con Roland Barthes. Insegna all'Ecole pratique des hautes études e alla Yale University e diventa direttore del Cnrs. Dagli anni Ottanta i temi già affrontati in letteratura della diversità e dell'alterità, lo portano a ricerche di tipo filosofico e antropologico come La conquista dell'America (1984) e Noi e gli altri (1989). Da qui la strada verso un ripensamento critico del ruolo del soggetto nella storia e del peso della memoria nella vita quotidiana dei singoli e dei popoli. Tra le altre sue opere: Le morali della storia (1991), Di fronte all'estremo (1992), Memoria del bene, tentazione del male (2000), Teorie del simbolo (1984) e La paura dei barbari (2009).

Liberazione 13/05/2010, pag 12

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