domenica 23 maggio 2010

Quer pasticciaccio brutto de le torri dell'Eur

Il complesso è della Fintecna e della Alfiere che raggruppa enti pubblici e grossi nomi privati
Ci guadagna pure l'Inpdap

Daniele Nalbone
Un Business Park, noto come "Europarco", composto da due grattacieli che supereranno i cento metri. Il Centro Congressi Italia, per tutti ormai noto come la "Nuvola di Fuksas". Quattro palazzine extra lusso che hanno sostituito la "Città dell'acqua, del benessere e del fitness", in cui l'interesse pubblico è salvo grazie alla costruzione, nel complesso, di un asilo nido e di una caserma dei Vigili del Fuoco. Un acquario virtuale, il secondo al mondo dopo quello di Tokio, in cui non vi sarà nessun essere vivente: il "Mare Nostrum Acquarium". Quindi, il fantasmagorico edificio di Renzo Piano che sorgerà al posto dell'attuale complesso delle Torri, con abitazioni di pregio, uffici e, addirittura, un giardino di inverno. Infine, per condire e rendere più succulento il tutto, il Gran Premio di Formula 1 che, secondo le intenzione dei promotori e del Comune di Roma, dovrebbe partire nel 2013. Eccolo l'Eur del terzo millennio voluto, sulla scia di Veltroni, da Alemanno e dai padroni del cemento. Peccato, però, che fin dall'inizio un pezzo sostanziale di questo progetto speculativo, quello relativo al faraonico edificio di Renzo Piano, sia partito con il piede sbagliato e stia viaggiando praticamente come una monoposto di Formula Uno… in contromano.
Per capire il perché di tante anomalie procedurali e della poca attenzione della Giunta comunale per le casse pubbliche a favore di quelle private, prima dobbiamo capire chi o cosa c'è dietro il progetto, osteggiato dai cittadini dell'Eur che si sono riuniti in diversi comitati e dai movimenti di lotta per l'abitare, della demolizione delle Torri e la nuova edificazione dell'edificio di Renzo Piano. Un progetto contro il quale si è spesa perfino la Fondazione Bruno Zevi. La società proprietaria del complesso è la Alfiere Spa, le cui quote sono al 50% della Fintecna Immobiliare Srl (ramo immobiliare della Fintecna, società finanziaria controllata al 100% dal Ministero dell'Economia) e al 50% della Progetto Alfiere Spa. In pratica, quindi, stando alla prima "scatola", l'abbattimento delle Torri e l'edificazione dell'edificio di Piano è un progetto per metà pubblico e per metà privato. Andando però ad aprire la scatola Progetto Alfiere Spa emerge come questa società, con sede legale in via Birmania, a meno di un chilometro e mezzo dalle Torri, racchiude altre sei scatole, cinque da quote del 19% (quindi ognuna con il 9,5% di proprietà delle Torri) e una del 5% (quindi con il 2,5% del complesso): Lamaro Appalti Spa, Astrim Spa, Fimit Sgr, Immobiliare Lombarda Spa, Met Development Spa e, con il 5%, Eurospazio srl. Tradotto, dietro al business delle Torri ci sono in prima fila i fratelli Toti (gruppo Lamaro). Quindi quel miracolo economico creato da Fabrizio Di Amato che risponde al nome di Marie Tecnimont Spa (che detiene il 99% di Met Development e, tanto per intendere la portata di questa azienda, ha rilevato nel 2004 Fiat Engineering), al cui interno ci sono personaggi quali Roberto Poli, presidente di Eni, membro del Cda di Fininvest e consulente di Silvio Berlusconi, e Giovanni Malagò, noto imprenditore romano che tra i suoi vari incarichi ha rivestito anche quello di presidente del comitato organizzatore dei famosi Mondiali di Nuoto di Roma 2009 e per i quali risulta indagato, insieme ai commissari Balducci e Rinaldi, per gli abusi edilizi compiuti in suo nome. A seguire, con Immobiliare Lombarda, di proprietà al 66% di Fondiaria-Sai e al 36% della Milano Assicurazione Spa, ergo di Salvatore Ligresti, troviamo nel "business delle Torri" Paolo Gioacchino Ligresti, "figlio", in qualità di presidente del cda, il "craxiano" Massimo Pini, in qualità di vicepresidente, e, come consiglieri, Gigi Pisanu, consigliere comunale (Pdl) a Sassari e figlio dell'ex ministro degli Interni Giuseppe Pisanu, e Geronimo Antonino La Russa, figlio del Ministro della Difesa Ignazio La Russa. Quindi, con Astrim Spa, troviamo Unicredit (31%) ma anche la Mittel Spa, una delle finanziarie tra le più antiche della borsa di Milano (1885) alla cui guida c'è il bresciano Giovanni Bazoli, attuale presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, un nome benvisto nel centrosinistra tanto che più voci lo volevano, nel 2001, alla testa dell'Ulivo nell'incarico che fu, poi, di Rutelli. Ma la vera "chicca" sta nella quota-Torri del 9,5% (detenendo il 19% di Progetto Alfiere Spa) della Società Gestione Risparmio Fimit. Ebbene, qui le quote sono divise tra una serie di enti pubblici o di enti privati che dovrebbero perseguire finalità di pubblico interesse: Inpdap (31%), Enpals (19%), Enasarco (10%) e Inarcassa (5%). Tutti enti (o fondazioni) e che stanno dismettendo il proprio patrimonio immobiliare in cui vivono decine di migliaia di cittadini, rinunciando così a quella funzione sociale di concedere abitazioni a prezzo calmierato, per investire in immobili extralusso ad alta redditività. Effetti della valorizzazione. Con tanti saluti al pubblico interesse.
Ebbene, la delibera per dar vita a questa immensa "speculazione a maggioranza pubblica", tornerà oggi in Consiglio Comunale per essere approvata. Una delibera che riguarda lo stralcio del complesso delle Torri dall'elaborato "Carta della Qualità" senza il quale non si può procedere al loro abbattimento e che fin dalla sua prima stesura ha marciato con procedure anomale. È l'11 aprile del 2008, mancano 48 ore alle elezioni comunali, quando non il Consiglio Comunale ma il Commissario Straordinario Mario Morcone, "reggente" nell'interregno Veltroni-Alemanno, adotta la delibera numero 87 per stralciare le Torri dalla "Carta per la qualità", valutando quindi l'abbattimento del complesso come atto urgente e improrogabile. Non solo. Questa delibera, di fatto, realizza, in modo assolutamente anomalo, una variante al Piano Regolatore agendo su un elaborato di tipo gestionale. A tutto ciò si aggiunge la partita, in cui si mostra tutta la subalternità del Pubblico ai padroni del mattone, relativa al contributo di valorizzazione che la Alfiere Spa deve riconoscere al Comune di Roma. Un contributo assolutamente insufficiente, stimato in appena 24 milioni di euro, ma che, analizzando il Protocollo d'Intesa stipulato il 28 novembre 2002 dal Ministero delle Finanze (allora come oggi, guidato da Tremonti) e dal Comune di Roma (Veltroni sindaco) dovrebbe ammontare tra i 60 e gli 80 milioni di euro. Vediamo perché: da quel protocollo emerge (art.2 comma 5) come "la quota spettante al Comune di Roma per effetto delle operazioni di valorizzazione è pari al 15% (che possiamo chiamare prima quota, ndr) calcolato sul valore degli immobili determinato come base d'asta degli stessi ai fini della loro successiva vendita, incrementata da un ulteriore 12% (che possiamo chiamare seconda quota, ndr) calcolato sulla differenza tra lo stesso valore a base d'asta e il ricavato effettivo dalla vendita degli immobili valorizzati". Pochi giorni dopo, il 24 dicembre 2002, con Decreto Legislativo n.282 l'Agenzia del Demanio viene autorizzata a vendere a trattativa privata, anche in blocco, i beni appartenenti al patrimonio dello Stato. Così, il 27 dicembre 2002, ad appena tre giorni dall'intervento governativo, vengono alienati, senza asta, a Fintecna Spa alcuni beni, tra cui le Torri, per un totale di 505 milioni. Per individuare il prezzo di cessione delle sole Torri sono stati incaricati i professori Capaldo e lo studio Ellis che stimano in 123 milioni il valore del complesso. Sarà questa cifra "il prezzo a base d'asta" sul quale calcolare la prima quota di valorizzazione del 15%: 18 milioni e 450mila euro. Ma la seconda quota? Il contributo stimato da una seconda perizia ammonta ad appena 5,55milioni. Una cifra irrisoria che sommata ai 18milioni e 450mila euro di cui sopra fa esattamente 24milioni. Ebbene, indovinate un po' quanto Fintecna dichiarò, in una comunicazione all'Assessorato Politiche del Patrimonio del Comune di Roma in data 28 marzo 2005, di essere disposta a pagare per la valorizzazione del complesso? Un massimo di 24 milioni di euro. Non un euro di più. Ma il ricavato effettivo degli immobili valorizzati non può che essere inteso come il ricavato della vendita, da parte di Alfiere Spa, di tutte le unità immobiliari dell'edificio progettato da Renzo Piano. Una stima sulla base dei valori di mercato immobiliari della zona, considerando che solo il residenziale occuperà circa l'80% del futuro complesso, con oltre 46mila mq di appartamenti, pari a oltre 300 unità, ai quali vanno aggiunti parcheggi, la parte direzionale e i giardini d'inverno, porta a un ricavato totale di circa 692 milioni di euro. Ed è su questa cifra che, secondo il Protocollo d'Intesa, si dovrebbe calcolare la seconda quota del contributo di valorizzazione, e il 12% di 692 milioni (ricavato totale dell'edificio) decurtato dei 123 milioni del prezzo di cessione, fa oltre 68 milioni di euro. Volendo invece calcolare il prezzo di valorizzazione al netto dei costi di progettazione, costruzione, etc, stando alle stime di Alfiere Spa del 28 dicembre 2005 e alla rivalutazione fino al 2010, bisognerebbe decurtare altri 170 milioni di euro per un contributo totale di circa 47 milioni di euro. Nel primo caso, quindi, il Comune di Roma dovrebbe ricevere da Alfiere Spa una cifra totale, come contributo di valorizzazione, di circa 87 milioni di euro (18,45 mln come prima quota, 68 come seconda). Nel secondo, considerando la valorizzazione al netto, circa 66 milioni (18,45 più 47 di seconda quota). Eccola la ciliegina sulla torta della speculazione: il Comune di Roma sta "regalando" ad Alfiere Spa, e a tutti coloro che sono nel "business delle Torri", una cifra che va dai 42 ai 63 milioni di euro. Milioni pubblici sacrificati agli interessi privati.

Liberazione 13/05/2010, pag 7

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